Il gioco del trono by MARTIN George R

Il gioco del trono by MARTIN George R

autore:MARTIN George R.
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: ...
editore: Abyssinian
pubblicato: 2007-07-24T16:00:00+00:00


TYRION

«Fame, uomo-nano?» chiese Mord guardandolo in cagnesco. Tra le dita grosse, tozze, reggeva un piatto di fagioli bolliti.

Tyrion Lannister sentiva i crampi della fame, ma non avrebbe concesso niente a quell'animale. «Un cosciotto d'agnello andreb­be benissimo» rispose dal mucchio di paglia fetida nell'angolo della cella. «E poi, perché no?, magari anche un piatto di piselli e cipolle, pane fresco con burro, e una caraffa di vin brulé per man­dare giù tutto. O anche birra, se per voi è più semplice. Non vado alla ricerca di sottigliezze.»

«È fagioli» tagliò corto Mord allungando il piatto. «Prendi, uo­mo-nano.»

Tyrion respirò a fondo. Il carceriere, denti marci colore del fan­go e opachi occhietti scuri, era un ammasso di stupidità da due­cento libbre. Il lato sinistro della sua faccia era scavato da una ci­catrice deforme. Un colpo d'ascia gli aveva staccato l'orecchio e parte della guancia. Mord era tanto brutto quanto prevedibile. Ma la realtà restava: Tyrion aveva fame. Allungò una mano per prendere il piatto.

Ghignando, Mord lo ritirò di colpo fuori della portata di Ty­rion. «Qui, uomo-nano.»

Il Folletto si mise in piedi a fatica, ogni giuntura del corpo gli faceva male. «Dobbiamo giocare a questo gioco da idioti proprio tutte le volte?» Tentò nuovamente di prendere il cibo.

Nuovamente Mord indietreggiò, scoprendo la chiostra di den­ti marci. «Cos'è, uomo-nano, non mangi? Dai, prendilo.» Estese il braccio oltre il limite estremo della cella, dove il pavimento fini­va e iniziava il baratro.

Tyrion aveva le braccia troppo corte per arrivarci, e non aveva alcuna intenzione di avvicinarsi al bordo. Sarebbe bastata un'unica, lieve spinta del pancione flaccido di Mord e Tyrion Lannister avrebbe fatto la fine di tanti altri prigionieri del Nido dell'A­quila nel corso dei secoli: una repellente chiazza purpurea sulle rocce di Cielo. «Ripensandoci, non ho poi così tanta fame» disse ritirandosi nell'angolo della cella.

Mord borbottò e aprì le tozze dita. Il vento dell'alta quota af­ferrò il piatto e lo rovesciò nell'abisso. Una manciata di fagioli vorticò all'indietro, verso di loro. Il carceriere rise in modo guttu­rale, e la sua pancia tremolò come gelatina.

Tyrion non riuscì a trattenere il furore. «Lercio figlio di una succhiacazzi appestata! Ti auguro di crepare di vaiolo nero!»

Per quelle parole, Mord gli assestò un calcio, e la punta rinfor­zata di ferro dello stivale pestò duro contro le sue costole. Poi uscì.

«Ritiro quello che ho detto!» ansimò Tyrion crollando sulla pa­glia piegato in due dal dolore. «Te la taglio io la gola! Te lo giu­ro!» Udì le chiavi che giravano pesantemente nella toppa.

Per un uomo così piccolo, Tyrion lo sapeva da un bel pezzo, aveva ricevuto la maledizione di una bocca troppo larga. Si tra­scinò nell'angolo di quella che gli Arryn chiamavano cella. Da morire dalle risate. Si avvolse nella sottile coperta che costituiva il suo letto e guardò fuori: la cupola blu del cielo, le lontane mon­tagne che parevano andare avanti oltre l'infinito. Quanto avreb­be voluto avere ancora la pelle della pantera-ombra che aveva vinto ai dadi al menestrello Marillion, il quale a sua volta l'aveva razziata dal cadavere del capo dei briganti.



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